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In realtà non si tratta solo di
una tecnica, è un percorso, un’avventura sempre diversa.
La ruggine esce dal ferro? Allora
Pietro corre dagli amici fabbri sempre alla ricerca di nuovi spezzoni di lastre
di tutte le forme e dimensioni. Sembrano scarti ma lui li guarda, ne determina
le potenzialità, li carteggia, li lava, li prepara…
La ruggine ha bisogno dell’acqua
per nascere e svilupparsi? E allora lui in quell’acqua ci mette una tela e
comincia a danzare. In quell’acqua ci comincia a saltare, da una lastra
all’altra, da uno scarto all’altro.
Le lastre hanno bisogno di pesi
per sedimentare a contatto? E allora lui comincia a riempire secchi d’acqua,
sempre più secchi, sempre più acqua, secchi ovunque, secchi da ovunque, quanti
giorni spesi alla ricerca di secchi da adottare…poi li riempie d’acque quei
secchi e li sposti da una lastra all’altra, fino a riempire tutta la tela di
lastre, secchi, acqua, umori, pensieri.
E poi li toglie, quanto pesano,
toglie tutto, tutto. Rimane solo la tela, la cornice, un po’ d’acqua… e la
ruggine, appena svelata.
La guarda: ogni volta è diversa,
perché ogni lastra è diversa. E subito ricomincia, rimetti le lastre i pezzi di
legno per distribuire il peso dei secchi ed i secchi. E’ un gioco nel gioco,
lastra su lastra, in mezzo a quelle lastre, a quelle giornate in
sovrapposizione. Un giorno, tra una posa e l’altra, scopre dei piani, una
sottile verità di bimbo, un percorso creativo... e ci entra.
Ecco alloca che gioca col gioco
dei giochi, e comincia a spingere, a muovere e bloccare, a contrarre e a
espandere, a dilatare e a comprimere, a bruciare e a diluire con la testa, con
le spalle, con le mani, quello spazio che in un piano non ti si era mai
risolto.
Fino a che, in un momento preciso,
egli si ferma. In quel momento quella non è più ruggine, è ruggine di Pietro ed
avrà un nome, un suo nome.
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