Potremmo quasi dire che ogni nuova conoscenza ha due modalità di acquisizione. Una si realizza attraverso la ragione che, con la logica, crea una mappa di riferimenti "razionali” certi e permette di archiviare nella memoria con precisione il nuovo sapere, per poi poterlo utilizzare in futuro. Diciamo che idealmente dovrebbe avvenire così. L’altra modalità si realizza attraverso l’esperienza diretta, ovvero sperimentando dentro di se, sulla propria pelle, quella “conoscenza”. Questa modalità è molto meno precisa, e anche se è molto più diretta e vissuta “dalla conoscenza”, appartiene solo a chi la vive ed è difficilmente comunicabile. Qualsiasi racconto venga fatto su un'esperienza diretta, diventa per chi ascolta quasi un atto di fede da compiere: non ha la stessa esperienza, non si sono attivate le stesse sinapsi, non si attiva la stessa biochimica nel cervello con l'ascolto delle parole usate.
In questo modo quando si tenta di trasmettere questo tipo di conoscenza, essa appare spesso indefinita e quasi sempre poco credibile, quasi falsa.

Come spiegare il sospetto del Filo del Nulla? Non sarà facile. L’aspetto razionale c’è, ma non è prevalente. L’esperienza e la mente aperta sono invece necessari per sentirsi partecipi e capire. A voi la scelta.

Partiamo da qui - Ora, si proprio ora, mentre stai leggendo o rileggendo, intorno a tei stanno accadendo moltissimi avvenimenti, accadono ora, solo adesso, diversi ogni volta che leggi. Accadono sia nelle più immediate vicinanze (appartamenti vicini e nascosti), nei più remoti angoli del mondo (con tempo atmosferico diverso e luce diversa). E ancora, stanno accadendo cose nelle più remote zone dell’universo. Si, certo, queste sembrano troppo lontane perche' possano avere un impatto concreto sulla nostra breve vita ma accadono. E accadono ora. Chiediamoci senza pregiudizio: cosa sentiremmo veramente se potessimo riuscire con il nostro pensiero ad abbracciare tutto, ma proprio tutto, quello che accade ora dappertutto e se potessimo sentirlo, capirlo ed essere partecipi?

Tutti noi, a volte, abbiamo voglia di quiete, di stare soli, di sentirci vicino alla natura, di sentire il respiro dell’universo. Come lo facciamo? Ci lasciamo trasportare e, spingendoci un po’ più in la, lasciamo i nostri pensieri per un po’ in balia di un bel tramonto. Li, soli, guardiamo il cielo cambiare, le nuvole colorarsi dei più inusuali e imprevedibili colori e ci lasciamo scorrere addosso la brezza, senza opporre resistenza.

Arriva presto il momento in cui vorremmo che fosse possibile conservare tutto questo: i colori, il calore, l’aria stessa, così perfetta. Vorremmo mettere tutto in una scatola con tanti cassetti per poi poterne aprire uno ogni tanto, per stare un poco bene. E mentre facciamo tutte queste speculazioni, il blu, senza sforzo, ha preso il sopravvento ed un buio un po’ più freddo è arrivato.

Sbattiamo le palpebre senza capire bene. Quando è successo?! Quando è successo che il giorno ha lasciato il passo alla notte? Quando c’è stato l’attimo di passaggio, la linea di demarcazione? Ci alziamo malvolentieri e torniamo alle nostre usate cose, sperando inutilmente di poter conservare un po’ di quel sapore che già, purtroppo, sta sbiadendo dentro di noi.

Prendiamo a riferimento il paradosso di Zenone e facciamo un esempio equivalente ma più semplice. Prendete una linea lunga a piacere e dividetela in due. Prendete uno dei pezzi risultanti e dividetelo ancora in due. Proseguite poi ogni volta a dividere e dividere uno dei pezzi risultanti dalla divisione. Come appare quasi subito ovvio non finirete mai. Ogni pezzetto, per quanto piccolo, potrà essere sempre diviso ancora in due, all’infinito.

Avete presente qualche domenica pomeriggio? Avete presente quel maledetto tempo che a volte ci avanza e che ci distrugge, tra una necessità inespressa ed uno spazio che non sembra appartenerci?  Dentro viviamo la voglia di sentire il sangue scorrere nelle vene, la voglia di sentirci protesi verso luminosi orizzonti o solo la voglia di appagare i nostri sensi con tanto, tanto, gusto. Fuori vediamo un mondo rallentato ed inerte, che sembra rifiutarci e che blocca ogni nostro desiderio in un’inedia assurda da sopportare. Soli, e incapaci di ribellarci all’immensa indifferenza, respiriamo oppressi e lenti, attendendo che la domenica muoia (DeChirico). Domani potremo sperare nella prossima domenica, una bella domenica .

Quante volte avete ascoltato della musica? Sicuramente molte. Vi sarà capitato, a volte, di sentire dei suoni colorati, odorosi, perfetti.  Senza preavviso hanno soffiato lontano i vostri pensieri, hanno fatto tremare i vostri piedi, hanno inebriato i vostri sensi raccolti ad occhi chiusi. Cos’era?  Perché è passato?   Perché non si riesce a farlo tornare a nostro piacimento?

Ad ognuno di noi è venuta la voglia di domandarsi se “noi” abbiamo un senso, se siamo liberi e poi ancora ci chiediamo da dove veniamo e dove andiamo. Quanto è grande l’universo e cosa c’è oltre? Per fortuna dura poco, le troppe domande senza possibilità di risposta ci intorpidiscono la mente, ci addormentano e noi possiamo tornare tranquilli alle nostre cose di sempre.

Se volessimo estremizzare molto la nostra esperienza di vita, anche alla luce delle conoscenze che questi ultimi decenni hanno portato, vien da chiedersi: cosa accade veramente nella nostra vita?  Nasciamo, impregnati di segnali genetici ereditati che ci aiutano a “sintetizzare” le esperienze, veniamo educati per sopravvivere alle aggressioni esterne (di tutti, tutti i tipi), infine, attraverso l’educazione e l’esperienza, ci creiamo una nostra “mappa mentale” con la quale giudicare tutte le cose del mondo.

A questo punto tutti noi, certi ed adulti, possediamo una specie di paraocchi che, se da una parte ci permette di sapere come comportarci ogni giorno, dall’altra limita le nostre possibili esperienze e non ci permette di gettarci fino in fondo nelle sensazioni ed emozioni (terrificati gorghi da cui fuggire ad ogni pur minimo accenno).

A questo stato di cose uniamoci anche che, in fondo, il nostro cervello, a ben guardare, appare essere solo biochimica con poca elettricità aggiunta. Solo azione e reazione, solo complicata combinazione di formule che, alle conoscenze di oggi, non possono che seguire le ferree leggi fisiche fondamentali dell’universo (quelle che l'uomo è stato in grado di descrivere sino ad oggi).

Insomma che ne è della nostra libertà? Esiste? Pensiamo solo perché “reagiamo”? Ragioniamo e scegliamo perché abbiamo il dominio del libero arbitrio o solo perché ce l’abbiamo già scritto dentro, nella combinazione di sali minerali e vitamine?

Un giorno, nel tardo pomeriggio di molto tempo fa, camminavo lungo una strada polverosa di campagna. Il sole era già basso e illuminava con una luce traversa ogni cosa. Ombre più nette e giochi di luce mi mostravano un mondo diverso dal soloto, mentre ignaro e contento lasciavo vagare i pensieri. D’improvviso,  fuggendo dall’ombra, mi apparve una canuta vecchina, piccola, curva, attaccata al proprio bastone come alla vita. Mi fermai scambiando con lei parole banali che, sapevo, arricchivano il suo giorno. Mi resi conto che guardavo con un filo di angoscia quegli occhi azzurri e giovani. Lei, consapevole della propria mente ormai vacua, ignara di un mondo tanto più grande, mi esibiva i suoi piccoli desideri. L’aria era ferma, forse anche il tempo. Restai a lungo ad ascoltare e gioire di quelle piccole parole preziose luccicanti di sole calante. Ci salutammo, infine, sapendo entrambi che ci saremmo persi per sempre.

Ma, allora?  Cos’è il filo del nulla?

Il filo del nulla e' il senso stesso della nostra percezione della relazione tra le cose del mondo. Il filo del nulla e' ciò che non capiamo quando ci succede qualcosa, fortuna o sfortuna che sia. Il filo del nulla e' l’unione impossibile di quegli opposti apparenti il cui mistero non afferriamo.

Il filo del nulla e' l’attesa. Il filo del nulla e' cio' che sta sospeso sul confine tra la luce del sole e l’ombra della casa. Il filo del nulla e' ciò che sta sospeso tra il rispetto della riservatezza degli altri e l’indifferenza per gli stessi.

Il filo del nulla e' l’oggetto di quella ricerca inutile che non smetteremo mai di fare dentro i noi. Il filo del nulla e' quello che vediamo con la coda dell’occhio ovunque e che sparisce non appena ci voltiamo vogliosi a fissarlo.

Il filo del nulla e' un ricordo, sono sicuro. Il filo del nulla e' la vita di tutti quei ricordi che sommati fanno cio' che siamo. Se d’improvviso non avessimo piu' ricordi semplicemente non saremmo piu'.

Che fare a questo punto? Se volete, intanto, godervi i frutti di questo sito e se vi piacciono tornate a cercare nuovi colori e nuovi sapori.

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