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CONOSCENZA ED INDUZIONE PremessaIl problema generale dell’induzione, specialmente con riferimento al suo rapporto con il processo deduttivo, è presente nella storia della filosofia già dal tempo di Aristotele: il filosofo greco riconosceva solo al procedimento deduttivo nella forma sillogistica valore dimostrativo e dignità di rigore scientifico, attribuendo all’induzione una funzione del tutto subalterna ed un significato esclusivamente strumentale. In tempi più recenti la critica più profonda all’induzione ed agli assunti su cui essa si poggia è stata avanzata da David Hume, secondo cui tutti i ragionamenti induttivi sono riconducibili alla relazione di causalità, che nasce a sua volta dall’esperienza: l’inferenza dal passato al presente ed al futuro si basa sul postulato dell’uniformità della natura, ma tale assunzione è essa stessa basata sull’induzione e quindi indimostrabile. L’estremizzazzione delle posizioni di Hume è dovuta a Karl Popper. Egli sostiene che la motivazione del rifiuto di ogni logica dell’induzione deriva dal fatto che la logica induttiva non fornisce un contrassegno appropriato per distinguere il carattere empirico, non metafisico di un sistema teorico. Ma, con queste premesse, il problema che si pone è il seguente: come ottenere, attraverso esperienze limitate, risultati e conclusioni che abbiano una validità generale? In altri termini, parafrasando Popper, si é autorizzati, nel ragionamento, a passare da aspetti di cui abbiamo esperienza ad altri dei quali pure abbiamo esperienza e da questi ad altri ancora di cui non abbiamo alcuna esperienza? L’induzione conduce alla conoscenza?
In origine, con la parola induzione si è inteso il procedimento che consente di passare da affermazioni particolari ad una affermazione generale. Ad esempio, le affermazioni: Paolo risiede a Roma e lavora in banca, Carlo risiede a Roma e lavora in banca…, Mario risiede a Roma e lavora in banca, possono indurre ad inferire che tutti i nati a Roma lavorano in banca. Dal punto di vista logico tale inferenza non è corretta, a meno che non si sia provveduto ad enumerare le professioni svolte da tutti i residenti a Roma. In merito, Popper sostiene che da nessun numero di asserzioni particolari si può asserire con certezza la verità di un’asserzione universale. In particolare, egli sostiene che il problema non si risolve nemmeno affermando che se l’induzione non può dimostrare la verità di un’ipotesi, è sufficiente almeno a conferirle un elevato grado di libertà. In altri termini, egli affermava quanto segue:
In altre parole, esisterebbe solo l’inferenza deduttiva (ad esempio, sapendo che tutti i corvi sono neri si deduce correttamente che ogni specifico corvo dovrà essere nero), mentre nessuna inferenza induttiva potrà dirsi corretta (avendo notato che alcuni corvi sono neri, non si può inferire che tutti i corvi sono neri, né tantomeno si può assegnare a tale evento una qualsivoglia probabilità, perché l’affermazione che tutti i corvi sono neri o è vera o è falsa). L’idea di Popper, in realtà, fa da eco, nel ventesimo secolo, alla più profonda critica mai sferrata contro il processo di conoscenza per induzione e dovuta a David Hume (diciottesimo secolo). Secondo Hume, alla base di tutti i ragionamenti induttivi si colloca il concetto di causalità. Tale relazione nasce però solo dall’esperienza e non consegue da alcun ragionamento a priori. Ad esempio, per l’intelletto umano prima di ogni esperienza diretta i due eventi il fuoco ustiona e il fuoco non ustiona sono egualmente possibili. Tramite l’esperienza diretta, e solo tramite essa, sapendo che ogni uomo che si avvicina troppo al fuoco si procurerà necessariamente un’ustione si può indurre, dato che ogni avvicinamento eccessivo causerà l’ustione, che ogni avvicinamento eccessivo al fuoco provocherà un ustione. Eppure, questo concetto di inferenza non induttiva, ma deduttiva in quanto esclusivamente causale, risulta esclusivamente meccanico e privo di creatività, di quella inventiva che secondo Pearson (fine diciannovesimo secolo) è invece alla base del metodo scientifico, che si basa sulla scoperta. Essa è il risultato dell’intuizione del ricercatore che, dopo un’attenta classificazione dei fatti osservati, formula una legge scientifica che gli permette di interpretarli correttamente. In funzione di tale impostazione logica, Carnap affermò che ogni corretto processo induttivo non dovrebbe condurre mai all’accettazione od al rifiuto categorico di un’ipotesi (con quale giustificazione logica un processo induttivo - da particolare ad universale – può giustificare un’accettazione od un rifiuto definitivo?), bensì all’attribuzione ad ogni ipotesi di una probabilità, unico elemento utile per condurre ad una decisione finale. Non è superfluo ribadire che Popper si manifestò in assoluto disaccordo con tale pensiero, asserendo che tutte le teorie basate sul calcolo delle probabilità sono internamene contraddittorie e non possono condurre ad alcun incremento di conoscenza della realtà. Reichenbach si pose come mediatore tra tali posizioni in contrasto, giustificando appieno il ricorso al calcolo delle probabilità sostituendo alla necessità di una conoscenza certa (quella paventata da Hume) quella di una conoscenza probabile. In tale ottica, il processo cognitivo va ridefinito come un processo dinamico di approssimazione alla verità con gradi di probabilità via via crescenti, sulla base di prove ed errori.
Abduzione e conoscenzaIntrodotta originariamente da Aristotele, l’abduzione è stata inserita in modo organico nell’ambito del processo di conoscenza da Peirce, vissuto tra la seconda metà del diciannovesimo e l’inizio del ventesimo secolo. Egli distingue tre tipi di inferenza: oltre alla deduzione ed all’induzione compare l’abduzione, o ragionamento ipotetico. L’abduzione consiste nel formulare un’ipotesi causale partendo da un fatto dato: se c’è cenere (effetto) ci deve essere stato un fuoco (causa). Ma la validità del ragionamento induttivo può essere verificata solo dal metodo sperimentale: solo accendendo un fuoco si può effettivamente appurare se esso genera cenere. In generale,il processo abduttivo si basa su questi passi: a) viene osservato il fatto sorprendente A; b) ma se B fosse vero A sarebbe naturale; c) dunque, c’è motivo di pensare che B sia vero. Per Peirce induzione e deduzione non possono mai dare origine ad alcuna idea nuova. La deduzione è infatti un processo sostanzialmente meccanico, mentre la stessa induzione non potrà mai dare origine ad alcuna idea nuova, perché ad esempio affermare che un oggetto è rosso implica che si debba già possedere il concetto di questo colore per poterlo applicare ad un caso particolare, per cui si finisce con il formulare un giudizio in modo inconsapevole. Ecco tre esempi di deduzione, induzione ed abduzione.
DeduzioneIpotesi: tutte le alunne della classe terza A hanno il grembiule bianco Evento: Maria, Paola e Giovanna sono alunne della classe terza A Conclusione: Maria, Paola e Giovanna hanno il grembiule bianco Tale conclusione è vera con certezza
La conclusione non arricchisce la nostra conoscenza della realtà essendo derivabile meccanicamente dai contenuti dell’ipotesi e dell’evento osservato. La deduzione dimostra, cioè, che qualcosa deve essere.
InduzioneIpotesi: Maria, Paola e Giovanna sono alunne della classe terza A Evento: Maria, Paola e Giovanna hanno il grembiule bianco Conclusione: tutte le alunne della classe terza A hanno il grembiule bianco Tale conclusione è vera fino a prova contraria. Da un evento relativo ad un sottoinsieme degli alunni della classe si inferisce per induzione una verità relativa all’intera classe. L’induzione dimostra, quindi, che qualccosa (una verità) in effetti opera.
AbduzioneEvento: Maria, Paola e Giovanna hanno il grembiule bianco Ipotesi: tutte le alunne della classe terza A hanno il grembiule bianco Conclusione: Maria,Paola e Giovanna sono alunne della classe terza A Ciò è vero probabilmente In questo caso l’evento (premessa maggiore) è evidente, l’ipotesi (premessa minore) non è evidente ma certamente possibile e la conclusione, per quanto essa stessa possibile, è comunque meno credibile dell’ipotesi. In altri termini, l’abduzione si limita a suggerire che qualche cosa può essere.
I tre processi logici non sono tra di loro riconducibili. Inoltre, tra induzione ed abduzione è il secondo processo a caratterizzare il metodo ipotetico sperimentale alla base della scienza moderna. Mentre nell’induzione: 1) si parte da un’ipotesi; 2) si esamina l’evidenza empirica ottenuta come risultato di un esperimento; 3) si traggono delle conclusioni, nell’abduzione: 1) si parte da un fatto; 2) si emette un’ipotesi; 3) si perviene a delle conclusioni. Quindi, con l’abduzione si parte dai fatti osservati e successivamente si progetta una teoria in grado di spiegarli, ossia si costruisce un’ipotesi probabile sulla causa di un effetto osservato. Le conseguenze tratte da Pierce sono fondamentali, dato che egli afferma che tutte le idee della scienza vengono conseguite per mezzo dell’abduzione.
ConclusioniIl processo di abduzione rappresenta una forma di inferenza non deduttiva ed è il processo tramite il quale si forma un’ipotesi esplicativa. Se un fatto A attira l’attenzione del ricercatore, e se si ritiene che qualora una certa ipotesi B fosse vera allora A sarebbe naturale, per tale ragione si ammette che B sia vero. Tale inferenza è non deduttiva perché la conclusione B non è una conseguenza della premessa A. In un processo cognitivo corretto, occorre assegnare alla conclusione B una probabilità di essere vera. In campo probabilistico è soprattutto l’approccio bayesiano a propendere alla assegnazione di una probabilità a tutti gli eventi incerti, purchè possibili. Il problema è come assegnarla, come interpretarla e come gestirla nelle situazioni applicative.
In sintesi, le logiche dell’induzione, della deduzione e dell’abduzione, pur essendo differenti, possono a seconda dei casi essere alla base di particolari leggi, nel senso che in base al livello cognitivo raggiunto riguardo ad un certo fenomeno ed ai dati a nostra disposizione una legge può essere determinata in base ad uno (o prevalentemente ad uno) dei tre processi logici suddetti. Quindi, tali processi sono in realtà altrettanti aspetti diversi della cognizione umana. Roberto Gismondi
Liberamente ispirato da: RIZZI A. (2002), “Inferenza statistica: scimmiette e cattivi maestri. Un titolo per sorridere”, Statistica & società, 1, 6-14, Rce edizioni, Napoli. RIZZI A. (2003), “Abduzione ed inferenza statistica”, Statistica & società, 2, 15-25, Rce edizioni, Napoli. RUSSELL B. (1996), Teoria della conoscenza”, Newton, Roma. SEVERINO E. (1990), Legge e caso, Adelphi, Milano.
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