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L'afghano con la Rosa
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Ho incontrato Mahmad Niyaz, un vecchio sellaio del bazar di Tashkourgan, centro carovaniero nel Turkestan afghano, in un giorno di primavera. Teneva in mano una rosa: figlio di un paese straordinario, chiuso tra montagne nude e selvagge, egli conosceva una certa gioia di vivere e una gioia di vivere certa. Viveva in armonia fra contadini di infinita pazienza e spirito sereno, mercanti di squisita gentilezza, carovanieri dalla rude ma schietta amicizia, dervisci pieni di tolleranza e di fervore. Mi sembrava rappresentare la nobiltà, la finezza e la fierezza del suo popolo. Quando lo incontrai per la prima volta stava annusando una rosa e io lo ammirai, invidiandolo, e avrei voluto assomigliargli nella sua grande semplicità e saggezza. Mi disse: «Se immagini la rosa, diventerai rosa; se preferisci l'incostante usignolo, diventerai usignolo. Tu sei la parte, la verità sta nel Tutto. E se un giorno penserai al Tutto, anche tu diventerai il Tutto». Mahmad Niyaz mi ha richiamato alla mente una miniatura del XV secolo esposta al Museo di Topkapi, a Instanbul; rappresenta Mehmet il Conquistatore mentre annusa un fiore, nello stesso atteggiamento del vecchio sellaio. A cinque secoli di distanza lo stesso gesto, lo stesso stato d'animo, lo stesso attimo potevano di nuovo essere resi immortali. Vorrei ora che questa
immagine fosse vista ovunque. Roland
Michaud
Stralcio
di un articolo
tratto dalla rivista INFINITO numero 8 del
1985
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Oggi (anno 1985) il popolo di Mahmad sta soffrendo e il suo bel paese, isolato in una terribile solitudine morale, subisce una dura prova del destino. Una incomprensibile barbarie si accanisce su di lui. lo so di non conoscere grandi cose, so dì essere ignorante, ma i saggi del paese di Mahmad mi hanno insegnato l'umiltà e io so che egli sa che « non c'è altra forza, altra potenza che quella di Dio». Io so che quel vecchio immortale non può morire; un mondo nel quale non ci fosse più posto per l'afghano con la rosa sarebbe orribile, vuoto, insulso. Spero che quanti vedranno la sua immagine ne capiscano il significato, quello di un archetipo nel quale riconoscere poi ogni altro afghano. I valori che l'immagine evoca non devono sparire per nessuna ragione. Il cuore di Mahmad è come uno specchio pulito dalla ruggine. Divenuto puro, può ormai raccogliere i riflessi del sole divino. È questa luce riflessa che egli trasmette, senza neanche rendersene conto, a coloro che vogliono contemplarla. Possa questa luce illuminare il cuore di chi ha gli occhi per vederla. Possa raggiungerli i! profumo della rosa. Mahmad, ti auguro lunga vita! Il confronto fra i due (...vedi sopra) si era impresso nella mia mente con tale forza da farmi trascurare non soltanto il decorso dei secoli, rna anche la diversa appartenenza sociale: da una parte il sultano, dall'altra il povero sellaio. Passavo sopra a tali abissi di tempo e di censo con l'aiuto delle parole del poeta: «Sono fiero di assistere al convito dell'Amore, quando il mendicante è seduto accanto al suo Re». La sola immagine di Mahmad Niyaz diventava così un motivo sufficiente per giustificare il mio soggiorno in Afghanistan, il mio attardarmi in quell'ambiente e il fatto stesso che io fossi voluto diventare fotografo. ROLAND MICHAUD
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